Istanza diniego revisione prezzi - atto meramente confermativo

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Sentenza

Commento dell'Avv. Elena Berto


La vicenda muove dal giudizio promosso dalla società ricorrente al fine di ottenere: (i) l’annullamento della nota prot. 2020/0051322/GEN, dell’11.11.2020, con cui il Comune di Cerveteri aveva confermato il diniego di revisione del canone contrattuale; (ii) nonché l’accertamento del diritto alla rivalutazione del corrispettivo del servizio di trasporto pubblico locale; (iii) unitamente, ai sensi degli artt. 2 della legge n. 241 del 90 e 31 del c.p.a., all’accertamento dell’obbligo dell’ente locale di provvedere sulla domanda di adeguamento del corrispettivo.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione II bis, con sentenza numero 16164 del 2024, pubblicata in data 06.09.2024, ha definito il giudizio, provvedendo: 1) per l’inammissibilità del ricorso; 2) nonché per la disposizione della compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti; ordinando, allo stesso tempo, che la sentenza fosse eseguita dall’autorità amministrativa.
Dagli atti, invero, è risultato che la gravata nota comunale dell’11.11.2020, nel riscontrare la richiesta della ricorrente, acquisita con prot. n. 50950 del 09/11/2020, avesse natura di atto meramente confermativo di un precedente diniego, adottato con atto prot. n. 45289 del 07/10/2020; trattandosi di reiterazione dei precedenti dinieghi, in assenza di nuova istruttoria o motivazione.
Sicché il TAR, nientemeno, ha ritenuto che la mancata impugnazione del provvedimento di diniego, del 25.07.17, avesse reso inammissibile la domanda di annullamento del provvedimento prot. n. prot. 2020/0051322/GEN, dell’11.11.2020, proposta con il giudizio da cui è scaturita la sentenza de qua.
Di talché siffatto annullamento non avrebbe potuto travolgere il diniego del 25.07.17, di per sé, autonomamente ostativo al soddisfacimento della pretesa di parte ricorrente. La sentenza in esame evoca alla mente la classica tematica (recentemente, nuovamente, discussa, in giurisprudenza: Cfr Consiglio di Stato sez. V, 10/04/2024, n.3290; Consiglio di Stato sez. V, 23/02/2024, n.1816; Consiglio di Stato sez. III, 02/02/2024, n.1102; Consiglio di Stato sez. V, 03/01/2024, n.91; T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II, 04/12/2023, n.18154; Consiglio di Stato sez. IV, 04/08/2023, n.7533; Consiglio di Stato sez. V, 27/07/2023, n.7343; Consiglio di Stato sez. IV, 02/05/2023, n.4399; Consiglio di Stato sez. VII, 01/03/2023, n.2125; Consiglio di Stato sez. VII, 20/02/2023, n.1728) in ordine alla distinzione tra atti di conferma in senso proprio e meramente confermativi.

  • Allo scopo di stabilire se un atto amministrativo sia (ii) meramente confermativo (e, perciò, non impugnabile), ovvero (ii) di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini), occorre verificare se l’atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi. In particolare, non può considerarsi meramente confermativo, rispetto ad un atto precedente, l’atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può condurre a un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente e, quindi, suscettibile di autonoma impugnazione. Ricorre, invece, l’atto meramente confermativo quando l’Amministrazione si limita a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione.

  • Siffatta distinzione viene ravvisata, in giurisprudenza, nella circostanza che l’atto successivo sia stato adottato, o meno, senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi; escludendosi che possa considerarsi meramente confermativo rispetto ad un atto precedente l’atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata. Ricorre, invece, l’atto meramente confermativo, non impugnabile, allorché l’Amministrazione si limiti a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione.

  • L’atto ‘meramente confermativo’, espressione di lata discrezionalità amministrativa, risulta interlocutorio, inidoneo, in quanto tale, a ledere la sfera giuridica del destinatario, essendo, dunque, privo di spessore provvedimentale, nonché insuscettibile, sul piano processuale, di essere impugnato autonomamente. Viceversa, l’atto di conferma, in senso proprio, viene adottato dall’Amministrazione all’esito di una nuova istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi in gioco, essendo connotato anche da una nuova motivazione. In particolare, non può per certo considerarsi ‘meramente confermativo’ l’atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al primo provvedimento, giacché l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, mediante la rivalutazione degli interessi e lo svolgimento di un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto, può in effetti condurre ad un atto ‘propriamente confermativo’, in grado, come tale, di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente, e, dunque, suscettibile di autonoma impugnazione. In altri termini, gli atti meramente confermativi, a differenza di quelli di conferma, si connotato per la ritenuta insussistenza, da parte dell’Amministrazione, di valide ragioni di riapertura del procedimento conclusosi con la precedente determinazione; mancando detta riapertura e la conseguente nuova ponderazione degli interessi coinvolti, nello schema tipico dei c.d. provvedimenti di secondo grado, essi sono insuscettibili di autonoma impugnazione per carenza del carattere autonomamente lesivo.

A giustificazione delle conclusioni raggiunte dal TAR, inoltre, sono stati richiamati i seguenti principi di diritto, già noti, in giurisprudenza.
  • L’istanza con la quale l’impresa richiede il riconoscimento della revisione dei prezzi costituisce l’tto di avvio di un procedimento amministrativo, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge a (Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015 n. 5375, Consiglio di Stato sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207; sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465; sez. V, 3 agosto 2012 n. 4444; Corte di Cassazione, SS.UU. 30 ottobre 2014, n. 23067).

  • Ne consegue che la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465), giacché si è in presenza di una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008, n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.

  • È, pertanto, da escludere che la pretesa vantata dall’appaltatore abbia la consistenza di un diritto soggettivo perfetto, suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo.

  • Tale costruzione, ormai del tutto ininfluente ai fini del riparto di giurisdizione, per effetto dell’art. 133, lett. e), punto 2) c.p.a., che assoggetta l’intera disciplina della revisione prezzi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mantiene inalterata la sua rilevanza con riferimento alle posizioni giuridiche soggettive del contraente dell’amministrazione, nonché, con riferimento, quindi, ai azionabili per la loro tutela.

  • Detta regola generale, tuttavia, incontra un limite nel caso in cui sia in contestazione esclusivamente l’espletamento di una prestazione, già puntualmente prevista nel contratto, e disciplinata in ordine all’ ane al quantum del corrispettivo, giacché, in tale evenienza, la controversia incardinata dall’appaltatore, ai fini della percezione del compenso revisionale, ha ad oggetto una mera pretesa di adempimento contrattuale, e, quindi, l’accertamento dell’esistenza di un diritto soggettivo, che ricade nell’ambito della giurisdizione ordinaria. Sicché solo al cospetto della pretesa dell’appaltatore alla revisione dei prezzi, fondata su di una specifica clausola del contratto, che si sostanzi nell’affermazione secondo cui quella clausola obbligherebbe l’amministrazione appaltante al riconoscimento della revisione, traducendosi ciò in una pretesa di adempimento contrattuale, la controversia andrebbe devoluta al G.O. (Cfr T.A.R. Milano, Lombardia, sez. I, 11/03/2024, n.688)


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