Commento Corte giustizia UE sez. IV - 05:09:2024, n. 498

Commento dell'Avv. Elena Berto
Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, e dell’articolo 6 della Direttiva 2001/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi, nonché dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, nonché degli artt. 17, 21, 38 e 47 della CDFUE e, da ultimo, dei principi della certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.
Tali domande sono state presentate nell’ambito di una serie di controversie (nelle cause C – 498/221; C – 499/222; C – 500/223) che contrappongono il Novo Banco SA - Sucursal en España, sostenuto dal Banco de Portugal e dal Fundo de Resolução, a vari clienti del Novo Banco, in merito all’incidenza, su diversi contratti di prodotti e di servizi finanziari, dei provvedimenti di risanamento adottati nei confronti del Banco Espíritu Santo SA, un ente creditizio portoghese, e della sua succursale spagnola, alla quale è succeduto il Novo Banco.
La Corte di Giustizia dell’U.E. (Quarta Sezione) ha statuito quanto segue: “1) L’articolo 3, paragrafo 2, e l’articolo 6 della direttiva 2001/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi, letti alla luce dell’art. 21, paragrafo 2, e dell’art. 47 CDFUE, nonché del principio della certezza del diritto, devono essere interpretati nel senso che: essi non ostano, in mancanza della pubblicazione prevista all'articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva, al riconoscimento, da parte di un giudice di uno Stato membro diverso dallo Stato membro d'origine, degli effetti di un provvedimento di risanamento adottato, prima che fosse adito tale giudice, nei confronti di un ente creditizio e che abbia parzialmente trasmesso gli obblighi e le responsabilità di quest'ultimo a una banca ponte. 2) L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/24, letto alla luce dell’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali e del principio della certezza del diritto, deve essere interpretato nel senso che: i singoli non possono avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento nei confronti di una banca ponte, organismo di diritto privato non dotato di alcuna prerogativa che esorbiti dal diritto comune, creato nell’ambito di provvedimenti di risanamento di un ente creditizio di cui essi erano inizialmente clienti al fine di azionare la responsabilità di detta banca ponte a titolo degli obblighi precontrattuali e contrattuali connessi ai contratti precedentemente conclusi con detto ente creditizio. La mera circostanza che detto ente creditizio sia stato controllato temporaneamente da un’autorità pubblica, in vista della sua privatizzazione, non fa del medesimo ente creditizio, operante sul mercato concorrenziale dei servizi bancari e finanziari, un’autorità amministrativa nazionale. 3) L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, letto alla luce dell'articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali, nonché l’articolo 17 di detta Carta e il principio della certezza del diritto devono essere interpretati nel senso che: essi non ostano, in linea di principio, al riconoscimento, nello Stato membro ospitante, degli effetti dei provvedimenti di risanamento adottati nello Stato membro d’origine in applicazione della direttiva 2001/24, che prevedono la creazione di una banca ponte e il mantenimento nel passivo dell'ente creditizio oggetto di tali provvedimenti dell’obbligo di versare le somme dovute a titolo di responsabilità precontrattuale o contrattuale”.
La risoluzione di parte delle questioni oggetto di rinvio pregiudiziale, invero, passa per l’analisi del principio del legittimo affidamento4.
La Corte di Giustizia U.E., evidentemente, non ammette la possibilità di invocare tale principio nei confronti di un operatore di diritto privato (v., in tal senso, sentenza del 21 febbraio 2018, Kreuzmayr, C-628/16).
Cosicché il diritto, per un singolo, di avvalersi del beneficio del legittimo affidamento si estende, nel diritto dell’Unione, solo riguardo ad assicurazioni precise che gli siano state fornite da un’autorità pubblica.
Con la conseguenza che, alla luce di siffatta impostazione, “i singoli non potrebbero avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento nei confronti di una ‘banca ponte’, in quanto organismo di diritto privato, non dotato di alcuna prerogativa che esorbiti dal diritto comune, creato nell’ambito di provvedimenti di risanamento di un ente creditizio; di cui essi erano, inizialmente, clienti, al fine di azionare la responsabilità di detta banca ponte, a titolo degli obblighi precontrattuali e contrattuali connessi ai contratti, precedentemente conclusi, con detto ente creditizio. La mera circostanza che detto ente creditizio sia stato controllato temporaneamente da un’autorità pubblica, in vista della sua privatizzazione, non fa del medesimo ente creditizio, operante sul mercato concorrenziale dei servizi bancari e finanziari, un’autorità amministrativa nazionale”5 .
La risoluzione di altra parte delle questioni oggetto di rinvio pregiudiziale, di poi, passa per l’analisi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei Diritti Fondamentali U.E.6
Secondo una giurisprudenza costante, la tutela dettata dall’art. 17, paragrafo 1 della CDFUE, verte su diritti aventi valore patrimoniale da cui deriva, con riguardo all’ordinamento giuridico interessato, una posizione giuridica acquisita, che consente l’esercizio autonomo di tali diritti da parte e a favore del loro titolare (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2019, HOLD Alapkezelo, C-352/20).
Di interessante rilievo risulta essere l’indagine casistica delle operazioni ricomprese sotto le tutele dell’articolo evocato.
La Corte, invero, ha riconosciuto che le “azioni e obbligazioni negoziabili sui mercati di capitali” costituiscano diritti, di tal genere, che possono beneficiare della tutela garantita dall’articolo 17, paragrafo 1, della CDFUE (v., in tal senso, sentenza del 5 maggio 2022, BPC Lux e a., C-83/20).
Per quanto riguarda, di poi, “l’obbligazione privilegiata acquisita dalla POSB”, sul “mercato secondario dei capitali”, oggetto del procedimento principale nella causa C-500/22, non vi è dubbio, alla luce della giurisprudenza, che una siffatta obbligazione privilegiata – in particolare in quanto comporta in linea di principio il pagamento di rendimenti obbligazionari annui, e, a termine, la restituzione del suo valore nominale – rivesta un valore patrimoniale, il quale conferisce al suo titolare una posizione giuridica acquisita; cui consegue un esercizio autonomo dei diritti che ne derivano.
Per quanto concerne, altresì, il credito di cui trattasi, nel procedimento principale nella causa C-499/22, vale a dire quello connesso “all’insufficienza delle informazioni precontrattuali”, inerenti ai rischi, che comportava lo strumento finanziario sottoscritto da J.M.F.T. e M.H.D.S. presso il BES, v’è da dire che, nella misura in cui il carattere sufficiente delle informazioni precontrattuali deve essere oggetto di un controllo giurisdizionale, spetterà al giudice del rinvio esaminare se tale credito soddisfi le condizioni richieste, ai fini delle tutele di cui all’art. 17 CDFUE.
Ciò è vero e non altrimenti discutibile alla luce della considerazione in forza della quale: è la giurisprudenza nazionale, e, non, di contro, la C.G.U.E., che sancisce se, in capo ad un ente creditizio, sia sufficientemente consolidato, un obbligo di informazione precontrattuale. Sicché sono gli ordinamenti giuridici nazionali titolari del compito valutativo de quo: vale a dire se la persona che lamenta la violazione di un siffatto obbligo informativo possa, o meno, vantare una ‘legittima aspettativa’, di ottenere il godimento effettivo di detto credito.
Per quanto riguarda, infine, gli “effetti dei provvedimenti di risanamento adottati nei confronti del BES”, la C.G.U.E. ha dichiarato che l’adozione, da parte dello Stato membro di origine, di tali provvedimenti di risanamento, che prevedono in particolare il trasferimento di elementi dell’attivo di un ente creditizio a una ‘banca ponte’, costituisce una “regolamentazione dell’uso dei beni”, atta a violare il diritto di proprietà dei creditori di tale ente creditizio, quali i detentori di obbligazioni, i cui crediti non sono stati trasferiti a detta ‘banca ponte’ (v., in tal senso, sentenza del 5 maggio 2022, BPC Lux e a., C-83/20). Motivo per il quale siffatto credito devesi considerare ricompreso nelle tutele di cui all’art. 17 CDFUE, già più volte evocato.
La risoluzione di una ulteriore parte delle questioni oggetto di rinvio pregiudiziale, altresì, passa per l’analisi del “principio della certezza del diritto”.
Rispetto al caso di specie, come noto, il BES è stato spossessato del credito di cui trattasi, nella causa C-500/22; credito, questo, che è stato integrato, con evidente ed inequivocabile “effetto retroattivo”, nel passivo del BES, solo in forza delle decisioni del 29 dicembre 2015, conformemente alle pertinenti disposizioni del RGICSF.
Orbene, come rilevato dalla Corte, il principio della certezza del diritto osta all’applicazione retroattiva di una nuova norma, salvo qualora lo esiga un fine di interesse generale e sia debitamente rispettato il legittimo affidamento degli interessati (sentenza del 25 gennaio 2022, VYSOCINA WIND, C-181/20).
A tal riguardo, la modifica retroattiva dell’identità del debitore del credito di cui trattasi nella causa C-500/22 è stata considerata, ragionevolmente, giustificata, dall’obiettivo di “interesse generale”, consistente nel garantire, da un lato, (i) la stabilità del sistema bancario, e, dall’altro lato (ii) nell’evitare un rischio sistemico.
Rilevanti, nientemeno, sono risultate – sempre ai fini risolutivi delle questioni pregiudiziali – le considerazioni in ordine all’articolo 38, paragrafo 1, della CDFUE, e sull’articolo 6, paragrafo 1, della Direttiva 93/13.
A tal riguardo, occorre ricordare che l’obbligo di garantire un livello elevato di protezione dei consumatori nelle politiche dell’Unione, quale risulta dall’articolo 38 della Carta, risulta strettamente correlato, in particolare, all’attuazione della Direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Bondora, C-453/18 e C-494/18).
Pertanto, tenuto conto della natura e dell’importanza dell’interesse pubblico rappresentato dalla “tutela dei consumatori”, la Direttiva 93/13 impone agli Stati membri di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di “clausole abusive” nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori.
A tal fine, spetta ai giudici nazionali escludere l’applicazione delle clausole abusive, affinché non producano effetti vincolanti nei confronti del consumatore, tranne nel caso in cui quest’ultimo vi si opponga (sentenza del 15 giugno 2023, Bank M., C-520/21).
Come noto, una clausola contrattuale dichiarata abusiva deve essere considerata, in linea di principio, come se non fosse mai esistita, cosicché non può produrre effetti nei confronti del consumatore interessato7.
Tuttavia, nonostante tali dichiarazioni di principio, la Corte di Giustizia U.E. ha, altresì, riconosciuto, che la tutela del consumatore non riveste un “carattere assoluto” (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C-154/15 e C-307/15).
Di modo ché, sebbene la Corte abbia ammesso che esiste un evidente interesse pubblico a garantire, in tutta l’Unione, una tutela degli investitori e dei creditori, allo stesso tempo, non si è omesso di rilevare come, tale interesse non possa essere ritenuto “prevalente”, in ogni circostanza, rispetto all’interesse pubblico a garantire la “stabilità del sistema bancario” (v., in tal senso, sentenze dell'8 novembre 2016, Dowling e a., C-41/15, nonché e del 5 maggio 2022, Banco Santander, C-410/20). Ad esempio, l’adozione di provvedimenti di risanamento e il riconoscimento dei loro effetti nello Stato membro ospitante, così come derivanti dalla direttiva 2001/24, sono stati ritenuti rispondenti ad un obiettivo di “interesse generale”, perseguito dall’Unione, ossia quello di garantire la “stabilità del sistema bancario”, nonché quello di evitare un “rischio sistemico”8.
1 Il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: “1) Se sia compatibile con il diritto fondamentale a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della [Carta], nonché con il principio generale della certezza del diritto e con il principio di uguaglianza e di divieto di qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, della Carta, un’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/24 che comporti il riconoscimento, in uno Stato membro ospitante, degli effetti di una decisione dell’autorità amministrativa competente dello Stato membro d’origine che non è stata pubblicata conformemente all’articolo 6, paragrafi da 1 a 4, [di detta] direttiva (...). 2) Se sia compatibile con il diritto fondamentale a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta e con il principio generale della certezza del diritto un’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/24 che comporti il riconoscimento, in uno Stato membro ospitante, degli effetti di una decisione dell’autorità amministrativa competente dello Stato membro d’origine che ha escluso determinati obblighi e responsabilità dalla cessione a una ‘banca ponte’ dell’attività ordinaria e di un certo numero di elementi patrimoniali della banca alla quale si applicano i provvedimenti di risanamento, quando la successiva condotta della ‘banca ponte’, controllata da un’autorità pubblica che applica il diritto dell’Unione, ha generato nei clienti dello Stato membro ospitante il legittimo affidamento che tale ‘banca ponte’ si fosse accollata le passività corrispondenti alle responsabilità e agli obblighi cui la banca oggetto del provvedimento di risanamento era tenuta nei confronti di tali clienti. 3) Se sia compatibile con il diritto fondamentale di proprietà di cui all’articolo 17 della Carta, con il principio del livello elevato di protezione dei consumatori di cui all’articolo 38 della Carta, con l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva [1993/13], nonché con il principio generale della certezza del diritto, un’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/24 che comporti il riconoscimento, in uno Stato membro ospitante, degli effetti di una decisione dell’autorità amministrativa competente dello Stato membro d’origine che abbia ceduto a una ‘banca ponte’ la posizione di creditore in un contratto di mutuo ipotecario, ma abbia lasciato in capo alla banca in dissesto l’obbligo di restituire al mutuatario consumatore le somme percepite per effetto dell’applicazione di una clausola abusiva di tale contratto”.
2 Il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: “1) Se sia compatibile con il diritto fondamentale a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta, nonché con il principio generale della certezza del diritto e con il principio di uguaglianza e di divieto di qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, della Carta, un’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/24 che comporti il riconoscimento, in uno Stato membro ospitante, degli effetti di una decisione dell’autorità amministrativa competente dello Stato membro d’origine che non è stata pubblicata conformemente all’articolo 6, paragrafi da 1 a 4, di [detta] direttiva (...). 2) Se sia compatibile con il diritto fondamentale a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta e con il principio generale della certezza del diritto un’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/24 che comporti il riconoscimento, in uno Stato membro ospitante, degli effetti di una decisione dell’autorità amministrativa competente dello Stato membro d’origine che ha escluso determinati obblighi e responsabilità dalla cessione a una ‘banca ponte’ dell’attività ordinaria e di un certo numero di elementi patrimoniali della banca alla quale si applicano i provvedimenti di risanamento, quando la successiva condotta della ‘banca ponte’, controllata da un’autorità pubblica che applica il diritto dell’Unione, ha generato nei clienti dello Stato membro ospitante il legittimo affidamento che tale ‘banca ponte’ si fosse accollata le passività corrispondenti alle responsabilità e agli obblighi cui la banca oggetto del provvedimento di risanamento era tenuta nei confronti di tali clienti. 3) Se sia compatibile con il diritto fondamentale di proprietà di cui all’articolo 17 della Carta, con il principio del livello elevato di protezione dei consumatori di cui all’articolo 38 della Carta nonché con il principio generale della certezza del diritto, un’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/24 che comporti il riconoscimento, in uno Stato membro ospitante, degli effetti di una decisione dell’autorità amministrativa competente dello Stato membro d’origine che abbia ceduto a una ‘banca ponte’ la posizione di creditore nei rapporti contrattuali conclusi [con la] banca oggetto dei provvedimenti di risanamento, ma abbia lasciato in capo alla banca in dissesto l’obbligo di restituire al cliente le somme pagate da quest’ultimo in virtù dei contratti annullati per vizio del consenso causato dal fatto che la banca abbia fornito informazioni insufficienti”.
3 Il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: “1) Se sia compatibile con il diritto fondamentale a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della [Carta], nonché con il principio generale della certezza del diritto e con il principio di uguaglianza e di divieto di qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, della Carta, un’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/24 che comporti il riconoscimento, in uno Stato membro ospitante, degli effetti di una decisione dell’autorità amministrativa competente dello Stato membro d’origine che non è stata pubblicata conformemente all’articolo 6, paragrafi da 1 a 4, della direttiva 2001/24. 2) Se sia compatibile con il diritto fondamentale di proprietà di cui all’articolo 17 della [Carta] nonché con il principio generale della certezza del diritto, un’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/24 che comporti il riconoscimento, in uno Stato membro ospitante, degli effetti di una decisione dell’autorità amministrativa competente dello Stato membro d’origine che abbia ‘ritrasferito’ alla banca in dissesto, alla quale sono state applicate azioni di risoluzione, gli obblighi e le responsabilità derivanti da un titolo di credito non subordinato acquistato da un terzo quando i suddetti obblighi e responsabilità rientravano nel patrimonio della ‘banca ponte’”.
4 Per consolidata giurisprudenza della Corte, il principio della tutela del legittimo affidamento fa parte dei principi fondamentali dell’Unione (sentenza del 26 luglio 2017, Europa Way e Persidera, C-560/15) e deve essere rispettato dalle istituzioni dell’Unione, ma anche dagli Stati membri, quando adottano misure attraverso le quali attuano il diritto dell’Unione, in particolare nell’esercizio dei poteri loro conferiti dalle direttive dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del Europa Way e Persidera, C-560/15, nonché del 17 novembre 2022, Avicarvil Farms, C-443/21). Il diritto di avvalersi di detto principio si estende a ogni soggetto di diritto in capo al quale un’autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate aspettative a causa di assicurazioni precise che essa gli avrebbe fornito (sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean, C-183/14, nonché del 20 gennaio 2022, Air Berlin, C-165/20).
5 Nel caso di specie, come rilevato dall’avvocato generale delle sue conclusioni, considerare una banca ponte, quale il Novo Banco, come un’autorità amministrativa che dà attuazione al diritto dell’Unione, benché sia stata creata sotto forma di ente creditizio di diritto privato, privo di qualsiasi potere che esorbiti dal diritto comune, ai fini dell’adempimento di un compito di servizio pubblico, equivarrebbe a oltrepassare l’ambito dei casi in cui il principio di tutela del legittimo affidamento può essere invocato dal singolo. La circostanza che il capitale sociale di tale ente creditizio sia stato controllato temporaneamente da un’autorità pubblica, quale il Fondo di risoluzione, in vista della sua privatizzazione, non può modificare tale constatazione. Infatti, tale mera circostanza non trasforma un ente creditizio operante sul mercato concorrenziale dei servizi bancari e finanziari in un'autorità amministrativa nazionale.
6 Per quanto riguarda, ancora, il credito di cui trattasi nel procedimento principale nella causa C-498/22, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla CEDU, risulta che la nozione di “beni” può ricomprendere sia “beni attuali” che “valori patrimoniali”, compresi i crediti, in virtù dei quali l’interessato può pretendere di avere almeno un’aspettativa legittima di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà. Quando, nientemeno, l’interesse patrimoniale di cui trattasi è riconducibile a un credito, esso può essere considerato un “valore patrimoniale” solo qualora abbia una base giuridica sufficiente, in particolare qualora sia confermato da una giurisprudenza consolidata (v., in tal senso, Corte EDU, 28 settembre 2004, Kopecký c. Slovacchia; nonché Corte EDU del 20 marzo 2018, Radomilja e a. c. Croazia). Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 111 delle sue conclusioni, il credito di cui trattasi nel procedimento principale nella causa C-498/22 è connesso all’obbligo di principio per un ente creditizio di restituire gli interessi percepiti in applicazione di una clausola ‘di tasso minimo’, dichiarata abusiva, contenuta in un contratto di mutuo ipotecario concluso con un consumatore, senza poter limitare la restituzione di tali interessi al periodo successivo alla dichiarazione del carattere abusivo di tale clausola, conformemente alla giurisprudenza relativa all’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C-154/15, C-307/15 e C-308/15, nonché del 15 giugno 2023, Bank M., C-520/21). Ne consegue che il titolare di tale credito potrebbe, quantomeno, sostenere di avere una ‘legittima aspettativa’ di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà, cosicché può beneficiare della tutela garantita dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta.
7 Pertanto, l’accertamento giudiziale del carattere abusivo di una tale clausola, in linea di massima, deve produrre la conseguenza di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui quest’ultimo si sarebbe trovato in mancanza di detta clausola (sentenze del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C-154/15, C-307/15 e C-308/15, nonché del 15 giugno 2023, Bank M., C-520/21). In tale contesto, la Corte ha precisato che l’obbligo in capo al giudice nazionale di disapplicare una clausola contrattuale abusiva che prescriva il pagamento di importi che si rivelino indebiti implica, in linea di principio, un corrispondente effetto restitutorio per quanto riguarda gli importi in parola, in quanto l’assenza di un tale effetto potrebbe compromettere l’effetto dissuasivo che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva, intende collegare alla constatazione del carattere abusivo delle clausole contenute nei contratti conclusi con i consumatori da un professionista (sentenza del 15 giugno 2023, Bank M., C-520/21).
8 Nel caso di specie, il riconoscimento degli effetti dei provvedimenti di risanamento nello Stato membro ospitante, quale risulta dalla direttiva 2001/24, implica il mantenimento nel patrimonio del BES della responsabilità e delle alee connesse all’applicazione di interessi percepiti in eccesso per il periodo di applicazione del contratto di mutuo ipotecario anteriore all’adozione della decisione dell’agosto 2014. Orbene, la tutela del consumatore contro l’utilizzo di clausole abusive nei contratti stipulati con un professionista, quale risulta dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, non può spingersi fino a prescindere dalla ripartizione delle responsabilità patrimoniali tra l’ente creditizio in dissesto e la banca ponte, come stabilita nei provvedimenti di risanamento adottati dallo Stato membro d’origine. Infatti, se la tutela accordata dalla direttiva 93/13 dovesse autorizzare ogni consumatore dello Stato membro ospitante, creditore dell’ente creditizio in dissesto, a contrastare il riconoscimento dei provvedimenti con i quali lo Stato membro d’origine ha deciso la ripartizione delle responsabilità patrimoniali tra tale ente creditizio e la banca ponte, l’intervento delle autorità pubbliche di tale Stato membro, il cui scopo è di garantire la tutela della stabilità del sistema bancario, rischierebbe di essere privato di effetto utile in tutti gli Stati membri in cui l’ente creditizio in dissesto ha succursali. A tal riguardo, occorre anche precisare che, tenuto conto, da un lato, dell’obiettivo perseguito da tali provvedimenti nonché dal riconoscimento dei loro effetti negli altri Stati membri, consistente nell’evitare che, dato l’elevato grado di integrazione dei mercati bancari nell’Unione, il dissesto di un ente creditizio possa comportare, di riflesso, danni di ordine sistemico che incidono sulla stabilità di tali mercati e, più in generale, su quella del mercato interno dell’Unione, nonché, dall’altro lato, dell’esistenza, nel caso di specie, di provvedimenti di risanamento adottati dall’autorità portoghese competente nei confronti del BES, le presenti cause si distinguono nettamente da quella che ha dato luogo alla sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C-154/15, C-307/15 e C-308/15).
