Commento Consiglio di Stato sez. IV - 21:08:2024, n. 7192

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Sentenza

Commento dell'Avv. Elena Berto


La società ricorrente è una società ‘concessionaria’ dell’attività di manovra e manutenzione nel sito portuale di Genova, affidatole dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, a partire dal 2015, per la durata di cinque anni.

L’ente in questione esercita, in Italia, l’attività di trasporto ferroviario, anche internazionale, di merci, grazie al contratto stipulato con il gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale, vale a dire “Rete Ferroviaria Italina s.p.a. ”.

Con riferimento alla “contribuzione” richiesta dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti, per le attività di manovra e manutenzione, la società è ricorsa al T.A.R. Piemonte, chiedendo (i) l’annullamento della nota del 15 dicembre 2020, avente ad oggetto ‘l’accertamento del contributo per il funzionamento dell’Autorità di regolazione dei trasporti - Annualità 2018 ’; e, per quanto possa occorrere, (ii) l’annullamento della delibera n. 145 del 15 dicembre 2017 recante ‘misure e modalità di versamento del contributo dovuto all’Autorità di Regolazione dei Trasporti per l’anno 2018 ’; nonché il (iii) D.P.C.M. del 15 gennaio 2018, di approvazione, ai fini dell’esecutività, della delibera; unitamente alla (iv) determina del Segretario Generale 12/2018, del 30 gennaio 2018 recante, ‘definizione delle modalità operative relative al versamento e alla comunicazione del contributo per il funzionamento dell’Autorità di Regolazione dei trasporti per l’anno 2018 ’.

In sostanza, chiedevasi l’annullamento degli atti con cui è stato fissato l’importo, a titolo di contribuzione per l’anno 2018, riferito ai servizi di manovra e locomozione (e, nella specie, di trazione).

Il T.A.R. Piemonte, con la sentenza n. 461 del 4 maggio 2021, ha respinto il ricorso, sicché la società ha interposto appello, articolando plurimi motivi, da un lato, (i) di violazione di legge, e, dall’altro lato (ii) di eccesso di potere.

L’Autorità di Regolazione dei Trasporti, in rito, (i) eccepiva l’improcedibilità del ricorso di primo grado, nonché la sua tardività, mentre, nel merito, (ii) contestava la fondatezza delle censure dedotte, concludendo per il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 20 giugno 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.

L’eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado, formulata dall’Avvocatura Generale dello Stato, è stata accolta nei sensi di quanto di seguito indicato.

Secondo l’Avvocatura Generale dello Stato, il ricorso sarebbe improcedibile, in quanto il T.A.R. Piemonte, con la sentenza n. 74 del 2020 del 27 gennaio 2020, si sarebbe già pronunciato sulla legittimità della delibera n. 145 del 2017, nell’ambito di analogo giudizio, promosso dalla società e da altre imprese ferroviarie.

Il T.A.R. Piemonte, invero, si sarebbe pronunciato sulla domanda di non debenza del contributo per l’annualità 2018, relativamente ai servizi di trasporto ferroviario di merci, e non anche, di contro, relativamente alle attività inerenti ai servizi di manovra e manutenzione, ma ciò in ragione del solo fatto che, in quella sede processuale, nessuna domanda era stata avanzata, espressamente, sul punto, dagli allora ricorrenti.

Di talché, secondo la prospettazione della parte appellata, la società, nel formulare la domanda di non debenza del contributo per l’annualità 2008, con specifico riferimento ai servizi di manovra e manutenzione, avrebbe richiesto, al giudice, di pronunciarsi, nuovamente, sulla legittimità della delibera n. 145 del 2017, al fine di modificare la sua scelta processuale, ma ciò sarebbe risultato inammissibile, essendo già intervenuta una pronuncia sulla stessa delibera n. 145 del 2017, su ricorso della stessa impresa (c.d. primo giudizio).

Di modo ché sussisterebbe la violazione del principio del “ ne bis in idem”.

In proposito, la società ha replicato che non sussisterebbe identità con il precedente giudizio.

Effettivamente, nel primo giudizio, era stato richiesto, con ricorso collettivo di una pluralità di imprese di trasporto ferroviario di merci, inclusa la ricorrente, l’annullamento della “delibera Art. 145 del 2017”, laddove, “sub art. 1, lett. e)”, prevede la contribuzione, a carico degli operatori di tali servizi, ed è volto a stabilire se tali servizi possano essere soggetti a contribuzione; nel presente giudizio, invece, veniva richiesto, con ricorso individuale, l’annullamento della “delibera Art. 145 del 2017”, laddove, “sub art. 1, lett. m)”, prevede la contribuzione a carico degli operatori di servizi di manovra e correlata attività manutenzione ed è volto a stabilire se tali diversi servizi svolti dalla ricorrente anch’essi possano essere soggetti a contribuzione.

In altri termini, la società ha sostenuto che, stante la previsione all’art. 1 della delibera impugnata, di ben 11 distinte categorie di servizi soggetti a contribuzione, il giudicato relativo ai servizi di trasporto merci su ferro non potesse fare stato, in altro giudizio, seppure tra le stesse parti.

Motivo per il quale sarebbe, quindi, impossibile rinvenire un conflitto tra giudicati.

Il Collegio, giustappunto, ha ritenuto che la violazione del principio del ne bis in idem non sussistesse.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, in termini, ha posto chiaramente in rilievo come, ai sensi degli artt. 29090 c.c. e 324 cod. proc. civ., applicabili anche al processo amministrativo, la regola del ne bis in idem presuppone l’identità nei due giudizi delle parti in causa e degli elementi identificativi dell’azione proposta.

In generale, il Consiglio di Stato ha statuito che: “nei procedimenti giurisdizionali, il principio del ne bis in idem prevede che una persona non possa essere giudicata due volte per lo stesso fatto, evitando così duplicazioni dannose per la tutela dei diritti dell’individuo. Tale principio trova fondamento nel rispetto della certezza del diritto e dell’assicurazione dell’equità dei procedimenti legali. La sua violazione può verificarsi quando vengono intraprese azioni giudiziarie ripetute contro la stessa persona per lo stesso fatto, ledendo il diritto alla difesa e alla conclusione definitiva del contenzioso. Pertanto, affinché si possa ritenere violato il principio del ne bis in idem, è necessario che sussistano identità di parti, oggetto e causa tra le diverse azioni giudiziarie. Questo principio costituisce un pilastro del sistema giuridico, volto a garantire l’equità e la coerenza delle decisioni giudiziarie, evitando abusi e discriminazioni nei confronti degli individui ”.

Sicché si presuppone, quindi, che si tratti di giudizi ove venga chiesto l’annullamento degli stessi provvedimenti, ovvero, al più, di provvedimenti diversi, ma legati da uno “stretto vincolo di consequenzialità”, in quanto inerenti ad un medesimo rapporto, sulla base di identici motivi di impugnazione (cfr., da ultimo, Cons. Stato, VI, 16 agosto 2023, n. 7783).

Nella fattispecie concreta che viene in rilievo, nella vicenda giudiziaria de qua, non sussiste: (i) né la sostanziale impugnazione dello stesso atto, atteso che i due giudizi sono rivolti a previsioni diverse contenute nella delibera ART. n. 145 del 2017, sicché, sotto tale profilo, la detta delibera, che pur costituisce un provvedimento unitario, si articola in plurimi atti; (ii) né sussiste l’identità dei motivi di impugnazione, che, riferendosi a previsioni diverse, sia pure contenute in unico provvedimento, sono, evidentemente, differenti.

Ciò posto, è stata dichiarata l’improcedibilità del ricorso di primo grado, in quanto, successivamente, alla proposizione del ricorso, è stata depositata la sentenza n. 2558 del 10 marzo 2023, che, nel riformare la sentenza del T.A.R. Piemonte n. 74 del 2020, resa sul ricorso collettivo proposto dalla società ed altre imprese con riferimento ai servizi di trasporto merci su ferro (c.d. primo giudizio), ha dichiarato irricevibile il ricorso di primo grado.

Pertanto, con sentenza passata in giudicato, l’azione di annullamento proposta avverso la delibera n. 145 del 2017, che, a questo fine, rappresenta un provvedimento unitario, sia pure “scindibile in atti plurimi”, è stata dichiarata “irricevibile per tardività”, con la conseguenza che la stessa è, di poi, divenuta inoppugnabile, anche con riferimento alla prevista contribuzione a carico degli operatori di servizi di manovra e correlata attività di manutenzione.

Il Collegio, pertanto, preso atto della sopravvenuta inoppugnabilità della delibera n. 145 del 2017, ha dichiarato improcedibile il ricorso in primo grado e, per l’effetto, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata.

Nel giudizio amministrativo, infatti, il rapporto processuale rimane unitario nel corso dei due gradi di giudizio, per cui (i) la cessazione della materia del contendere, (ii) la sopravvenuta carenza o (iii) l’estinzione dell’interesse al ricorso di primo grado rilevano anche se si producono in grado di appello (cfr., ex plurimis, da ultimo, Cons. Stato, VI, n. 4493 del 2024; Cons. Stato n. 1465 del 2024; Cons. Stato, VI, n. 11199 del 2023).


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